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Gabriele Marconi

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Sandro Guaschino & Casale Tricolore

NELLA FOSSA DI MONCUCCO PER DAR PACE AL PASSATO Forse vicino a Torino scoperti i resti di centinaia di fascisti uccisi dopo il 25 aprile '45

Gabriele Marconi

   

    L’ultimo ricordo che ho di un viaggio di mio padre nel Nord-Italia risale a quando facevo la quinta elementare.

    La guerra era finita da venticinque anni: un’eternità, per me che quelle cose le studiavo sui libri di scuola. Per mio padre, invece, il ricordo era ancora dolorosamente vivo (e come lo capisco, ora che son passati vent'anni dalla nostra, di "guerre”!), e periodicamente diventava spaventosamente presente: ogni tanto, infatti, arrivava una telefonata, allora mio padre prendeva qualche giorno, di ferie, faceva la valigia e partiva. Tornava sempre triste da quei viaggi, e io non capivo perché; «forse», pensavo, «è perché è finita la vacanza». Invece la telefonata riguardava sempre una segnalazione sul "probabile" rinvenimento di una fossa comune, una tomba di soldati ignoti. Quelle di mio padre, insomma, erano tutt'altro che gite di piacere: andava a cercare suo fratello minore, scappato di casa a sedici anni per arruolarsi e ucciso a Torino, il 25 aprile, da alcuni "entusiasti" che intesero così festeggiare la fine della guerra. Il corpo suo, e di quelli che erano con lui, non venne mai ritrovato. Forse, come tanti altri in quelle drammatiche giornate, finì gettato nel Po. Forse venne occultato sotto qualche metro di terra e lasciato a far da concime alle margherite. E allora mio padre, che da parte sua era invece tornato a casa, ferito ma vivo, continuava a cercarlo, tornando a fare le valige ogni volta che qualcuno gli segnalava un nuovo ritrovamento, che ogni volta si rivelava vano. Era per questo che da quei viaggi tornava triste e taciturno.

    Dovettero passare molti anni, prima che mio padre mi confessasse perché ogni tanto faceva quelle "vacanze" improvvise e solitarie: molti anni, perché non voleva che un bambino conoscesse troppo presto favole così brutte. Ed è morto senza riuscire mai a pregare sulla tomba di suo fratello. Oggi lui sarebbe partito un'altra volta all'improvviso: a Moncucco, infatti, la tenacia di un'associazione che ha dedicato la propria attività alla ricerca delle fosse comuni di tutti i dispersi della guerra civile, che kafkianamente si chiama "Il messaggio dell'imperatore" (tel.: 0368/ 6310579), ha permesso di scoprire un'altra "probabile" fossa comune di fascisti uccisi dopo il 25 aprile. Si dà il caso che Moncucco sia proprio nelle vicinanze di Torino, ed è lì che molte testimonianze dicono siano stati gettati i corpi di quelli che, come mio zio, furono trucidati a guerra finita nel capoluogo piemontese. Parliamo ancora di "probabile" fossa comune, perché gli scavi, pur cominciati qualche tempo fa, si sono limitati ad una zona ristretta della grande cava di gesso indicata dalle segnalazioni, dove a tutt'oggi sono stati ritrovati solo poche ossa umane, tre scarponi militari e, pare, una torcia elettrica usata dall'esercito e una maschera antigas: anche di questi ultimi due dati non siamo certi, perché le autorità non si sono ancora degnate di fare una conferenza stampa per portare i cittadini a conoscenza del ritrovamento. Tuttavia sembra (e usiamo ancora una volta il dubitativo) che si stia per dare il via ad un altro scavo nella zona indicata da Armando Corino, il presidente dell'associazione.

    Dopo le prime rivelazioni giornalistiche (ne hanno parlato le testate locali, oltre a Il Borghese e Il Giornale) e dopo il gran parlare che se ne è fatto nella zona di Moncucco, risvegliando antichi orrori che si credevano (è il caso di dirlo ... ) ormai sepolti, c'è stata l'immancabile levata di scudi delle associazioni partigiane e dei partiti di sinistra. Ancor prima di conoscere qualsiasi risultato si è gridato allo scandalo: «Si insulta la memoria della Resistenza!» hanno gridato. No, signori, la memoria nobile è quella che sa di essere a tutta prova... è quella che apre i propri armadi dicendo «guardate pure, ci sono solo vestiti umili e dignitosi».

    Io so, tutti sanno, che ci sono ancora migliaia di morti ammazzati dopo la fine della guerra che ancora aspettano degna sepoltura. Non c'è bisogno di sapere che proprio a Moncucco ce ne sia uno solo oppure centinaia: la semplice matematica dà torto a chi irride o si scandalizza per quelle ricerche. (E qui si torna al grande divario esistente fra la storiografia ormai acclarata e quella, faziosa, spesso insegnata a scuola).

    

    Ora le domande sono due. La prima riguarda specificatamente Moncucco: perché le autorità non intervengono con adeguati strumenti d'indagine, interrogando gli allora comandanti partigiani di zona? Non è pensabile che una struttura militare peraltro già padrona del campo, dopo l'arrivo degli americani, possa aver ignorato quello che stava accadendo nel proprio territorio. E se nulla dovesse essere accaduto, che lo dica la Giustizia, non l'arroganza di chi pretende che sia un'eresia raccontare in giro che ci sono stati fascisti uccisi dopo la fine della guerra. Basterebbe pensare al Triangolo della morte in Emilia Romagna.

    La seconda domanda la rivolgo alle associazioni partigiane, ancora vive e presenti in tutto il Nord-Italia, e ai leader storici di quei partiti che formarono il Cln e che oggi stanno al governo: perché? Perché continuare a rendersi complici di stragi che nulla avevano a che fare con l’ideale? Perché tacere i nomi dei responsabili di quegli eccidi, compiuti anche e soprattutto in tempo di pace?    

    Perché continuare ad occultare i nomi delle tante fosse comuni che ancora ospitano i resti senza nome di chi fu vittima di quelle stragi?

    Davanti a Dio pagherete di persona, non è affar nostro. Ma se avete ancora cara la dignità, come spero l'abbiate, trovate finalmente il coraggio per quell'atto di civiltà che vi restituirebbe una credibilità che di giorno in giorno crolla sempre più in basso, nel fondo di ogni fossa che, non per merito vostro, viene riscoperta. L’Italia, per trovare finalmente la pace, che altrove governi più assennati seppero dare appena finita la guerra, ha bisogno che rompiate quel muro di silenzio.

      

AREA N. 25. Maggio 1998 (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)   

 

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